microbiologia

Il test della Catalasi è un esame che viene eseguito nell’ambito della microbiologia col fine di distinguere i batteri appartenenti al genere degli Staphylococcus (che sono definiti cocchi Gram-positivi) da quelli che rientrano nella famiglia degli Streptococcus e in quella degli Enterococcus. Il principio alla base di questo esame è verificare la presenza della catalasi, ovvero dell’enzima che viene prodotto dai microrganismi che vivono in un ambiente dove è presente ossigeno (e che lo attivano per azzerare le forme tossiche di metaboliti presenti nell’ossigeno). L’enzima detto della catalasi, quindi, ha il compito di neutralizzare le conseguenze del perossido di idrogeno che, in caso contrario, avrebbe un effetto battericida.

A cosa serve il test della Catalasi

Questo test, quindi, viene impiegato dai ricercatori per capire se un determinato ceppo batterico che è stato isolato sia in grado di produrre l’enzima catalasi. I microrganismi si dividono in “catalasi positivi” e in “catalasi negativi” e tale distinzione risulta particolarmente utile per i microbiologi. I batteri appartenenti al primo gruppo comprendono gli aerobi obbligati e quelli anaerobi facoltativi, che si caratterizzano, appunto, per la capacità di usare l’ossigeno come un accettore conclusivo di elettroni. Al contrario, i batteri che sono “catalasi negativi” (che possono essere ugualmente anaerobi obbligati o anaerobi facoltativi) non si servono dell’ossigeno in qualità di accettore finale di elettroni.

Gli scienziati, per capire se un batterio è capace di produrre catalasi, iniettano una soluzione di perossido di idrogeno al 3% e aspettano la reazione che si verifica: se vengono prodotte delle bolle di ossigeno si sarà in presenza di batteri catalasi positivi, se, invece, non compare nessuna reazione, allora il microrganismo è catalasi negativo. Questo test riesce a identificare i ceppi dei vari batteri e a distinguerli fra loro come, ad esempio, quello dei Clostridium da quello dei Bacillus o quello del Mycobacterium tuberculosis dal ceppo delle Enterobatteriacee.

Il protocollo per effettuare il test della Catalasi

Per effettuare il test della Catalasi si possono usare dei vetrini o delle provette. Nel primo caso il microbiologo dovrà porre una piccola quantità di flora batterica sulla superficie di un vetrino il quanto più possibile privo di contaminazioni e asciutto. In seguito si dovrà trasferire una goccia di composto di perossido di idrogeno al 3% (identificato con la formula H202 3%) sul vetrino e si dovrà procedere a mescolare il tutto con un’ansa o uno strumento sterile. Se entro 10-15 secondi compariranno delle bolle, allora si sarà certi di essere in presenza di batteri catalasi positivi, se, al contrario, le bolle saranno molto poco evidenti o addirittura nulle, allora questi saranno catalasi negativi.

Il secondo metodo per effettuare il test della Catalasi è mediante le provette. Il procedimento è simile a quello con i vetrini e prevede l’inserimento di circa 4-5 gocce di composto di perossido di idrogeno al 3% (sempre H202 3%) all’interno di una provetta pulita e asciutta; poi, con un’ansa sterile il ricercatore procede a prelevare una piccola quantità di batterio da una colonia che avrà avuto cura di isolare per un intervallo compreso tra le 18 e le 24 ore. In seguito, posizionerà questo esemplare all’interno di una provetta, facendo però attenzione a non raccogliere nessun residuo di agar-agar. Per concludere, si dovrà posizionare il tubo della provetta su un fondo di colore scuro e lì si assisterà (o no) alla formazione delle bolle.

Il microbiologo che effettua il test deve tenere presente che alcune tipologie di batteri, che possiedono degli enzimi diversi da quelli della catalasi, riescono comunque ad avere una reazione col composto di perossido di idrogeno, infatti sono in grado di decomporlo: in questo caso si noterà la comparsa di alcune bolle dopo circa 20-30 secondi dal posizionamento, tuttavia esse non sono da considerarsi valide ai fini del test della Catalasi.